“Oh Kitty! How nice it would be if we could only get through into Looking-Glass House!”
Louis Carrol
Alice Tamburini da architetto arriva all’abito: dimora originaria dell’uomo. Dialoga con i tessuti e le trame. Dialoga con quello che gli abiti dicono. Cerca ciò che esaltano e ciò che proteggono. Cerca ancora. Dipinge sulle lastre con i materiali della costruzione e i colori della notte della luce e del sangue. Cerca nuova vita per i materiali. Nessun riciclo per iuta, organza, gesso, argilla, ma dalla terra una resurrezione. Una nuova vita, una seconda opportunità. La cerca per i pizzi dei suoi antenati e per la scatola di antichi bottoni che custodisce. Trova Alcesti e la sua storia di amore smisurato. Erge il suo corredo. Materiali preziosi e delicati prendono forma e si animano per raccontare il suo viaggio nell’aldilà e il suo ritorno. Sono presenza che si prende la scena nel teatro dei giorni nostri e tenta di vivere attraverso la scultura, di raccontare il viaggio trascendentale di un cuore che dice, e conferma fino alla morte, dalla quale ritorna per non essersi risparmiato: Ti amo da morire.
Una stessa mania opera nel lavoro di Alice Tamburini: la vestizione e il denudamento ultimo, il corredo. Ciò che occorre alla sposa e che soccorre il morto, primizia per l’al di là. Artista, architetto, già ideatrice di “Architetture Tessili”, Alice Tamburini denuda il mito – il calco evanescente di Alcesti elevato a falò – fino all’osso primo, alla parola ineluttabile. Riveste il mito per scorticarlo. Lavora per corrosione, per eludere ed eleggere: da qui il corredo, punto d’incrocio tra carne e empireo, tra nudo e indecente. Non crede nel principio di non contraddizione né nel contraddittorio, al logos preferisce la mania, cioè una specie di cecità nello splendore. Infine, il corredo è un riscatto: del corpo non resta che il gioiello di un’ombra.
Contatti:
at@alicetamburini.com
0039 351 71 66 896
Alice Tamburini Studio
via Calatafimi 9a
20121 Milano
“Oh Kitty! How nice it would be if we could only get through into Looking-Glass House!”
Louis Carrol
Alice Tamburini da architetto arriva all’abito: dimora originaria dell’uomo. Dialoga con i tessuti e le trame. Dialoga con quello che gli abiti dicono. Cerca ciò che esaltano e ciò che proteggono. Cerca ancora. Dipinge sulle lastre con i materiali della costruzione e i colori della notte della luce e del sangue. Cerca nuova vita per i materiali. Nessun riciclo per iuta, organza, gesso, argilla, ma dalla terra una resurrezione. Una nuova vita, una seconda opportunità. La cerca per i pizzi dei suoi antenati e per la scatola di antichi bottoni che custodisce. Trova Alcesti e la sua storia di amore smisurato. Erge il suo corredo. Materiali preziosi e delicati prendono forma e si animano per raccontare il suo viaggio nell’aldilà e il suo ritorno. Sono presenza che si prende la scena nel teatro dei giorni nostri e tenta di vivere attraverso la scultura, di raccontare il viaggio trascendentale di un cuore che dice, e conferma fino alla morte, dalla quale ritorna per non essersi risparmiato: Ti amo da morire.
Una stessa mania opera nel lavoro di Alice Tamburini: la vestizione e il denudamento ultimo, il corredo. Ciò che occorre alla sposa e che soccorre il morto, primizia per l’al di là. Artista, architetto, già ideatrice di “Architetture Tessili”, Alice Tamburini denuda il mito – il calco evanescente di Alcesti elevato a falò – fino all’osso primo, alla parola ineluttabile. Riveste il mito per scorticarlo. Lavora per corrosione, per eludere ed eleggere: da qui il corredo, punto d’incrocio tra carne e empireo, tra nudo e indecente. Non crede nel principio di non contraddizione né nel contraddittorio, al logos preferisce la mania, cioè una specie di cecità nello splendore. Infine, il corredo è un riscatto: del corpo non resta che il gioiello di un’ombra.
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Alice Tamburini Studio
via Calatafimi 9a
20121 Milano
Il progetto scultoreo di Alice Tamburini nasce dalla ricerca attorno alla figura umana. Il corpo evocato attraverso l’abito come calco dell’esistenza, incarna il cuore del progetto artistico. La rappresentazione cercata insegue un linguaggio che porti i segni del vivere contemporaneo e delle sue contraddizioni. Ecco che le trame tessili si offrono come materiale prediletto per la loro capacità di assorbire l’anima.
La ricerca artistica vive delle suggestioni del mito, attualizzato attraverso trame-strutture che costruiscono uno spazio-abito offerta di un luogo, desiderio di presenza, soglia tra quel che c’è e quel che non c’è: sfida al nulla, sublimazione della nostra fisicità.